Visualizzazioni totali

domenica 10 marzo 2024

Casteldaccia Solidale

Casteldaccia Solidale, attivo nel 2005, è stato un bimestrale locale pubblicato dall’associazione “ACAM Futuro Solidale” Onlus. Il “comitato di redazione”, come indicato sui tre numeri pubblicati, è diretto da Michele Manna (già direttore responsabile de Il Settimanale di Bagheria, attraverso il quale è stampato), da Nino Amato in qualità di redattore capo, e dai redattori Rosy Pinello, Rosalia Amato, Filippina Nuccio, Camillo Ditta e Maria Concetta Faranna. Tra i collaboratori, invece, compaiono Michele Pedone, Antonio Giacalone, Rosanna Piraino, Emilia Valenza, Giuseppe Montesanto, Antonietta Nigro, Emanuele Basile, Annamaria Rollo, Maria Speciale e Francesca Caviglia. Sul bimestrale si rendono note le attività dell’associazione “ACAM”, della quale erano presidente Filippina Nuccio, vicepresidente Antonino Amato, segretario Giuseppe Montesanto, mentre erano “consiglieri” Pietro Montesanto ed Emanuele Basile. Ampio spazio era dedicato nel periodico all’amministrazione comunale e all’attività politica del gruppo consiliare “La Torre”, di cui facevano parte Giuseppe Montesanto e Rosalia Amato e di cui il bimestrale era, in un certo senso, megafono.

venerdì 2 settembre 2022

"Quel favoloso sbarco" di Gianni Guaita

Arrivammo appena due o tre mesi prima dello sbarco. Furono settimane intense, di fitti contatti umani ma di grande incertezza. Anzi da quel momento la Sicilia fisica quasi scompare per me, si ritira sullo sfondo e l'isola diventa per molti anni convulsi un groviglio di uomini, in luoghi spesso di una grande bellezza, nascosta però dagli eventi e dalle cose. In principio fui deluso perché tutto pareva uguale a sempre, con la popolazione che restava impegnata nelle sue quotidiane fatiche. Ma "in società" si parla molto. I titolati con terre al sole son tutti molto offesi, non hanno digerito "l'appoderamento del latifondo", una pensata alla brava del Duce, quando s'è accorto che le guerre in Abissinia e in Spagna non bastavano ad assorbirgli tutto il contadiname siciliano. O forse è il sogno delle antiche colonie romane coi contadini-soldati che torna spesso nella mente di quell'incorreggibile maestro elementare, fanatico delle guerre puniche. Hanno spostato qualche vacca, hanno costruito una decina di case coloniche, tutte in zone panoramiche (non per vedere ma per essere viste) e strombazzano l'idea di trasformare la Sicilia in una specie di Toscana. Ma di queste terre e di questi contadini — siano o no veterani di guerra — i nobili la sanno molto lunga e ne capiscono molto di più. E sono così arrabbiati che hanno perfino il coraggio di dirlo. Un decano scrive addirittura un elogio del latifondo. È incredibile come la lezione viene appresa in società. Perfino les jeunes filles en fleur, le belle ragazze dell'aristocrazia sanno spiegarti benissimo perché l'appoderamento è follia, e sanno perfino difendere í meriti dell'aratro a chiodo.

sabato 29 gennaio 2022

'A Zotta: riferimento culturale tra gli anni Settanta e Ottanta

A’ Zotta, dal siciliano «frusta» o «flagello», è stato un mensile, poi bimestrale, autoprodotto e curato dal Centro Culturale “Maria SS. Immacolata”. Famoso tra gli anni Settanta e Ottanta, ha segnato un’epoca: un punto di riferimento negli anni in cui Casteldaccia cerca di liberarsi da quella coltre mafiosa. Fondamentale in questo progetto il ruolo della parrocchia, in particolare di padre Cosimo Scordato. Nella redazione degli anni ’80, sita in via Lungarini n° 10, tra i più attivi si annoverano Filippo Fiorentino, Paolo Di Giacinto, Gaetano Aiello, Cosimo Virruso, Lucio Galati, Pierluigi Lo Monaco, Giuseppe Panno, Giusy Fiorentino e Giancarlo Mancuso. Tra gli autori compare anche un anonimo ed enigmatico “Quisque de populo”. Non mancano gli spazi dedicati agli alunni delle scuole medie. La copertina è, invece, realizzata dal compianto artista casteldaccese Giovanni Castiglia. Non è stato facile ritrovare i numeri della rivista, ma buona parte si trova conservata presso la biblioteca della parrocchia. Chiediamo la collaborazione della comunità casteldaccese per colmare le lacune dei numeri mancanti in questa raccolta della A’ Zotta.

martedì 15 dicembre 2020

Andrea Raia, assassinato nell'agosto del '44

di Dino Paternostro

Quello di Andrea Raia, segretario della Camera del lavoro di Casteldaccia, fu il primo delitto mafioso del secondo dopoguerra in provincia di Palermo. Raia venne assassinato a Casteldaccia, un comune della fascia costiera vicino Palermo, la sera del 5 agosto 1944. Era membro per conto del Pci della Commissione comunale per il controllo dei granai del popolo. Puntiglioso nello svolgere il suo ruolo, si scontrò ben presto con l’amministrazione comunale. Nonostante i tentativi delle autorità di ridimensionare il significato dell’assassinio, tratteggiando la figura dell’attivista politico-sindacale come quella di un poco di buono, donnaiolo e spesso “alticcio”, alla fine, lo stesso maresciallo della stazione dei carabinieri di Casteldaccia non poté esimersi dallo scrivere «che la uccisione del Raia sia stata determinata dalla attività da lui svolta in favore dei granai del popolo e per la propaganda contraria che gli faceva l’Amministrazione Comunale e specialmente il Sindaco al quale era pervenuta la notizia che il Raia aspirava a sostituirlo nella carica».

venerdì 13 novembre 2020

Topazia Alliata (Palermo 1913 – Roma 2015)

La vita di Topazia Alliata è riportata sull'Enciclopedia delle donne, voce curata da Ester Rizzo.

Così la ricorda chi l’ha conosciuta: “una donna affascinante e coraggiosa, eclettica e intraprendente, guidata in ogni gesto dall’ideale della libertà”. 

Topazia fu pittrice, gallerista, mecenate e imprenditrice. Era nata a Palermo il 5 novembre del 1913 in una delle famiglie aristocratiche siciliane più illustri, anche se lei così scriveva: 

In verità io personalmente non ho dato gran peso al cognome che porto. Certo, un notevole peso lo ha la storia che questo cognome, questa famiglia ha attraversato. Una storia fatta di pagine grigie, di pagine nere, di pagine d’oro… una storia nella quale si sommano intelligenze e negligenze, potere e arroganza, generosità e possesso, opportunismo e grandi opportunità… chiamarsi Alliata, allora, significa, forse, portarsi inconsapevolmente dentro il peso di tutto questo… mi piace pensare che lungo la linea di questa famiglia corra sempre un elemento unificante è quella misteriosa capacità creativa, un dono che si perpetua, che ci ha sospinti, anche se con risultati diversi, verso la cultura, l’arte, spesso su posizioni di avanguardia. 

venerdì 15 maggio 2020

Antonino Casubolo, l'anarchico che trascorse i suoi ultimi giorni a Casteldaccia

La vita di Antonino Casubolo è riportata sul Dizionario biografico online degli anarchici italiani

Antonino Casubolo nasce a Favignana (TP) l’11 agosto 1878 da Leonardo e Maria Carriglio, marinaio. Sotto l’influsso dell'anarchico trapanese Alberto Giannitrapani, aderisce giovanissimo all'idea libertaria. A vent'anni o poco più emigra in cerca di lavoro negli Stati Uniti, stabilendosi inizialmente a Paterson per trasferirsi successivamente a New Orleans e quindi a Saint Louis. Nel 1903 Casubolo manifesta la sua appartenenza “alla setta anarchica” con una serie di corrispondenze, concernenti lo sciopero dei facchini del porto di New Orleans, che appaiono ne «La Questione sociale» di Paterson. Altre corrispondenze invia l’anno successivo da Saint Louis sia a «La Questione sociale» che a «Cronaca Sovversiva» edita a Barre nel Vermont. Nel maggio del 1905, mentre si accinge a rientrare in Italia, una lettera anonima di un “suddito fedele” proveniente da Trapani informa che Casubolo “è stato designato dagli anarchici per uccidere Sua Maestà il Re Nostro”. In conseguenza di ciò Casubolo viene arrestato al momento dell’approdo del piroscafo nel porto di Palermo (giugno 1905), condotto nel carcere di Trapani e deferito all’Autorità giudiziaria per tentativo di regicidio. Ma nessuna prova emerge a suo carico e, a seguito della dichiarazione di non luogo a procedere per insufficienza di indizi, Casubolo nel mese di agosto viene rimesso in libertà. 

martedì 14 gennaio 2020

Riflessioni sul nome "Casteldaccia"

L’identità di un luogo si stabilisce prima di tutto col nome. Dare un nome a un oggetto, a una persona, a un concetto o a un luogo significa dare essenza e esistenza. Casteldaccia, località a 15 km da Palermo con 11.000 abitanti circa, ha un’identità chiara e precisa? Sembrerebbe di sì, soprattutto quando bisogna distinguersi dalle realtà viciniori (Casteldaccia e non Altavilla Milicia, Casteldaccia e non Bagheria ad esempio). È bene, per questo motivo, interrogarsi sul nome Casteldaccia, sull’etimologia e sulle ipotesi del suo significato. 
È idea comune tra i Casteldaccesi, anche a causa delle sparute, fuorvianti e poco accurate ricerche sulla storia del paese, che il nome sia composto dalla parola accia, ossia «sedano» in siciliano. Tuttavia, la faccenda è ben più complessa e articolata ed è certo che il sedano non c’entri un cavolo! Tralasciando per un attimo la questione “ortofrutticola”, è bene iniziare col dire che il paese ha due nomi: il primo, in lingua italiana, è Casteldaccia, dal primigenio Castel dell'Accia; il secondo, in lingua siciliana, è Castiddazzu. I due toponimi, sebbene siano usati senza alcuna distinzione a seconda che si parli in italiano o in dialetto, hanno due significati e due origini differenti e non collegati tra loro.